rito dei flagellanti pasqua cattolica

I Vattienti di Nocera Terinese

Fra tutti i riti della settimana santa quello dei ‘Vattienti’ di Nocera Terinese appare sicuramente il più cruento. Percorrono le vie principali del paese lasciando lunghe scie di sangue. Cosa è veramente questo evento, un rito cristiano o pagano?

Si tiene a Nocera Terinese, un piccolo centro della provincia di Catanzaro, in Calabria, situato a pochi chilometri dal Tirreno. Tutti gli anni, il sabato che precede la Pasqua, negli scantinati di alcune famiglie del paese ha inizio un rito molto antico. Un pentolone contenente una mistura di acqua e rosmarino viene portato ad ebollizione e i Vattienti si preparano per la giornata che aspettano da un anno intero: rimboccano i loro pantaloncini neri, indossano la bandana nera, il ‘Mannile’, e sopra vi adagiano una corona di spine di Sparacogna (il cespuglio spinoso degli asparagi selvatici). Il rito ha inizio bagnando le gambe con l’infuso di rosmarino che, ancora caldo, svolge la funzione di vasodilatatore.

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Due gli strumenti utili al compiersi del rito, il ‘cardo’ e la ‘rosa’. Sono due tondini di sughero del diametro di circa 10 cm: il primo ha uno strato spesso di cera su cui sono conficcati 13 schegge di vetro acuminate simboleggianti, per alcuni, Cristo e i suoi dodici apostoli, e per altri le tredici ferite di Gesù sul Golgota, e serve al Vattiente per colpirsi le cosce e i polpacci. La ‘rosa’ ha molteplici funzioni: viene usata per battere e stimolare la vasodilatazione, tamponare il sangue e farlo scivolare verso il basso, ed infine come timbro per marcare le diverse stazioni visitate.

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Le figure maschili sono due, e insieme rappresentano i momenti più dolorosi degli ultimi giorni di Cristo: il Vattiente che ricorda la flagellazione e l’ ’Acciomu’, ovvero l’ecce homo, il Nazareno portato da Pilato dinanzi alla folla per essere giudicato. Quest’ultimo, spesso un ragazzino, è avvolto in un panno rosso, reca in spalla una croce ed è legato con una fune al Vattiente.

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I due sono spesso seguiti o attesi da qualcuno che ne asperge le ferite con il vino nel tentativo di evitare possibili infezioni o la formazione di coaguli e facendo in modo che il sangue scorra in modo fluido. Inutile dire che il vino, inoltre, fa apparire il fluire molto più copioso di quanto non sia in realtà, aumentando la suggestione agli occhi dei turisti che accorrono, muniti di fotocamera, soddisfacendo il grande antropologico interesse.  

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Il rito ha inizio davanti la propria casa e prosegue battendosi sul sagrato delle chiese, sulla soglia delle case di amici e parenti, presso le icone votive, lasciando per ogni tappa la propria impronta di sangue.

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Il momento culminante è l’incontro con la Madonna dell’Addolorata: qui il flagellante inginocchiatosi e raccolto in preghiera scioglie il voto.

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Ora può ritornare a casa e disinfettare le ferite con la restante mistura di acqua e rosmarino, ricomporsi e unirsi ai festeggiamenti della Madonna.

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Quali sono le origini di questo rito al limite tra il sacro e il profano, molto spesso osteggiato dalla Chiesa che ha più volte tentato, invano, di fermarlo? Gli antropologi hanno avanzato diverse ipotesi interpretative. Chi vede il sangue come rinascita e chi lo vede come penitenza.  Al primo caso appartiene chi fa risalire il rito a credenze precristiane associandolo al ‘Sanguem’, una festività romana connessa con il mito di Cibele e di suo figlio Attis. Il 24 marzo durante le cerimonie funebri in onore di Attis il gran sacerdote si tagliava e lacerava le carni con dei cocci per versare il suo sangue in ricordo di quello versato dal dio: questo portava gli astanti ad una forma di estasi che li induceva a sguainare le spade per ferirsi.

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Per altri studiosi il rito si è originato in epoca medioevale e fa riferimento alla pratica dell’autoflagellazione esercitata da alcuni monaci per castigare la carne ed espiare i peccati o semplicemente per liberare l’anima dal corpo terreno.

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Qualunque sia l’origine di questo rito, per i Vattienti di oggi il significato è quello di sentirsi vicini e uniti spiritualmente alle sofferenze che precedettero la crocifissione di Cristo, ed i locali lo vivono con grande intensità e coinvolgimento emotivo nonché come fattore identitario molto forte da tramandare con forza

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visiona l’intero progetto fotografico nella sezione portfolio del sito https://corradaonorifico.com/vattienti-di-nocera-terinese/

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