Iquitos si trova nel cuore dell’ Amazzonia peruviana e non è raggiungibile via terra: non ci sono strade percorribili in auto, e per raggiungerla occorre navigare oppure volare. E’ stata una ricca e popolosa città fino alla fine dell’ ‘800, quando i grandi magnati del caucciù costruirono le loro sontuose dimore coloniali grazie ai profitti di questa candida sostanza vischiosa estratta ricorrendo al disumano sfruttamento degli indios, ma poi la gomma sintetica prese il posto del caucciù e la città dovette aspettare gli anni ’30 e la scoperta dei giacimenti di petrolio per rivivere i fasti del suo passato. Oggi però niente di questo fastoso passato è visibile, il turista viene qui perché interessato alle crociere fluviali che gli permetteranno un approccio con la selva o perché attratto da fantomatici pacchetti che offrono incontri sciamanici corredati da cerimonie a base di ayahuasca, una pianta ritenuta sacra dagli indigeni che dà effetti allucinogeni. I veri ‘curanderos’ esistono ancora, per carità, e sono detentori di sapienza antica, capaci di curare anche con questa pianta i mali dell’anima; nella pratica, però, stiamo assistendo a un sempre crescente “turismo mistico” gestito spesso da millantatori senza scrupoli che propongono esperienze ‘sciamaniche da sballo’ che ahimé negli ultimi anni hanno causato parecchie vittime -morti, intendo- anche fra i più giovani.
Voglio iniziare la mia visita alla città dal barrio di Belén, definito da molte guide come il quartiere più pittoresco della città o addirittura ‘la Venezia amazzonica’. Ahimé, so già per esperienza che per la maggior parte delle guide turistiche ‘pittoresco’ ha un suo triste sinonimo che è ‘popolare’ o ancora peggio ‘povero’ e purtroppo questo posto non smentisce l’amara regola. Il quartiere si sviluppa sulle rive del fiume Itaya. E’ diviso in due parti una alta, rispetto al fiume, che ospita il mercato ed una parte bassa: quella che ospita le caratteristiche abitazioni su palafitte.
Quest’ultimo lega il suo destino alle bizzarrie delle piene del Rio delle Amazzoni, che quattro mesi l’anno, da marzo a giugno, inonda queste rive costringendo gli abitanti a vivere in abitazioni di legno su palafitte o su enormi zattere galleggianti… pittoresco.
A giugno la situazione cambia e diventa ancora più ‘pittoresca’, perché le acque si ritirano restituendo alla riva una montagna di rifiuti misti a fango che nessuno toglierà mai fino a che l’anno successivo il fiume non tornerà a fagocitarli per altri quattro mesi.
Inutile dire che i rifiuti in un posto in cui il tasso di umidità è altissimo maturano un microcosmo batterico non proprio salutare, ma fanno la felicità dei topi e dei ‘caroñeros’, simpatiche bestiole appartenenti alla specie degli avvoltoi, detti mangia carogne perché si nutrono di qualsiasi carcassa trovino per la via… molto pittoresco
Tutte le mattine gli abitanti delle palafitte scendono al fiume per le quotidiane abluzioni: hanno costruito delle piccole banchine di legno che usano per lavare i panni, i piatti ed ovviamente anche sé stessi. L’acqua usata è ovviamente quella del fiume, la stessa acqua putrida in cui vanno a finire oltre all’immondizia mista a fango generata dal ritiro delle acque anche i rifiuti che genera il vicino mercato ed infine i rifiuti organici umani… insomma persino gli stafilococchi prima di entrare in queste acque si fanno la profilassi.
Ma gli indigeni su di una cosa sono molto rigorosi, le funzioni corporali si espletano in bagno, vietato far pipì e cacca direttamente in acqua, il tutto va fatto all’interno dei bagni pubblici, ovvero delle piccole strutture in legno ricoperte da tende di plastica, tutto questo non certo per la privacy ma per paura del ‘cañero’.
Il cañero o candirù (Vandellia cirrhosa) è un pesce parassita che vive e depone le sue uova all’interno delle branchie del pesce gatto. Per nutrirsi pratica dei fori in un’arteria molto succosa e ne sugge il sangue; è sottile e trasparente ed ha una lunghezza che varia in media dai 3mm ai 5 cm. Ebbene, questo tenero pesciolino è noto per avere, per dirlo scientificamente, un ‘tropismo elettivo con l’urina’. Tradotto per noi gente semplice, significa che seguendo il getto d’urina, scambiandolo per un flusso d’acqua branchiale contenente anch’esso ammoniaca, potrebbe entrare nell’uretra, nel retto o nella vagina, una volta dentro, se il pesce gatto è fortunato perché dopo aver ultimato il suo prelibato succo va via, l’uomo lo è meno perché una volta entrato il pesciolino, quello acquatico intendo, non riesce a uscire e muore bloccando così il condotto e per estrarlo occorre un’operazione chirurgica spesso impossibile da fare perché gli ospedali risultano lontani rispetto al fiume e quindi non rimane che l’amputazione del pesciolino, quell’altro pesciolino quello terrestre. Non so quanto di vero ci sia rispetto all’amputazione e alla possibilità di ospitare un pesce largo circa 0.5cm all’interno degli orifizi umani, ma per gli indios il cañero è molto temuto. Questo timore è uno dei motivi delle rudimentali latrine che punteggiano le rive di questo fiume, che è ricco di queste adorabili bestiole… beh se non è pittoresco questo…
Questo fiume ogni giorno è attraversato da imbarcazioni che trasportano banane, legname, caucciù, carbone e altre materie che in parte trovano collocazione nel vicino mercato.Per raggiungerlo basta seguire l’incedere lento e stanco dei facchini che sbarcano gli enormi sacchi per portarli ai venditori. Qui si apre un mondo, l’Amazzonia intera è qui su questi banchi. In questo labirintico mercato brulicante di gente, circa 150 comunità native arrivano dal fiume per negoziare con i rivenditori i loro preziosi raccolti: frutta esotica dalle infinite sfumature, yucca, il pesce appena pescato che viene buttato ancora vivo sulla griglia fumante, le uova di chissà quali animali e le carni affumicate di prede cacciate nella foresta, verdure di tutti i tipi.
Chi lo ha inventariato conta circa 200 tipi di vegetali differenti e 120 specie animali dalle più comuni a quelle più inconsuete; inconsuete per me ovviamente, come le larve di coleottero, qui chiamate suri, le tartarughe, le scimmie e gli alligatori.
E poi c’è il Pasaje Paquito, un vicolo dedicato alla medicina naturale. Qui si può trovare tutto quello di cui un ‘curandero’ ha bisogno, creme, tinture, oli, lozioni, piante, radici e cortecce medicinali di ogni genere, come l’unghia di gatto, una pianta rampicante le cui spine somigliano appunto alle unghie del nostro amato felino, e con il cui infuso si curano infiammazioni intestinali, artrite, reumatismi, insomma è ritenuta dai locali una medicina dalle proprietà curative illimitate.
Rocio, con la quale mi sono trattenuta a parlare, mi ha spiegato che la pianta più richiesta è lo chuchuhuasi, un forte analgesico e antidolorifico il cui nome significa ‘schiena tremolante’ usato per curare artriti e reumatismi e mal di schiena in genere. La corteccia dello chuchuhuasi sciolta nell’ aguardiente è suggerita a chi fa molto trekking per alleviare i dolori muscolari derivanti dalle lunghe camminate. Non mancano le pozioni afrodisiache dalle etichette esplicite, tipo il ‘para, para’ traducibile in ‘alza alza’, e le immancabili pozioni magiche e divinatorie.
Mi perdo nel dedalo del mercato e intanto si è fatto tardi, i venditori svuotano i loro banchi buttando via pezzi di verdura, carne, e rifiuti in genere che i ‘caroñeros’ sempre in agguato non si lasciano scappare. Gli avvoltoi qui sono il corrispettivo dei passerotti nei nostri giardini a primavera, se ne stanno appollaiati su qualsiasi cosa che abbia una posizione orizzontale e stanno in agguato, riescono ad individuare una carcassa da grandi distanze, più volte ho sentito il venticello delle loro ali sul collo, ma finchè sono viva non ho nulla da temere… sigh, sigh, a pensarci bene neanche da morta.
Sono giunta all’uscita del mercato… andando via mi si presenta una scena che non avrei voluto vedere. Alcune persone frugavano fra i rifiuti di frutta e verdura nel tentativo di recuperare qualcosa di commestibile. Non è la prima volta che mi si presenta, è una scena che si ripete spesso nei miei viaggi, e che purtroppo non ha latitudine, ogni città del mondo anche quella più ricca ed evoluta ha un suo piccolo teatro in qualche angolo anche remoto, in cui si mette in scena il ‘pittoresco’ che siamo diventati.
-visiona la photogallery nella sezione portfolio IQUITOS, vivere su di una palafitta
-curiosità
L’ayahuasca è una liana con proprietà di disinfettante intestinale, ma normalmente questa parola viene usata per riferirsi a un mix di ayahuasca e foglie di chakruna che provocano sicuramente stati allucinatori. Guidati da un esperto sciamano, questa esperienza può avere potenti effetti terapeutici.
Candirù o canero: alcuni casi sono stati documentati dal dott Herman JR autore della pubblicazione scientifica Candirú: urinophilic catfish. Its gift to urology, molti altri studiosi hanno condotto studi contrari… insomma io per sicurezza il bagno nei fiumi amazzonici lo eviterei…